Alla metà del 1800 Marx teorizzava la frattura tra società civile e Stato e descriveva la dicotomia contenuta nelle due “vite” che l’uomo era portato a consumare. La prima in “terra” come attore dell’egoismo insito negli interessi particolari della società civile, la seconda in “cielo” come “cittadino” nella dimensione del bene comune, dello Stato. Secondo Marx lo Stato era decisamente lontano dal perseguire il bene comune a causa degli smarrimenti causati dall’agire della società civile intenta a perseguire gli interessi particolari delle classi sociali più forti.
Egli continuava dicendo che la stessa proclamazione dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ratificava la sostanziale disuguaglianza nella sostanza delle cose. Ieri era oggi, oggi è già domani. In una comunità come quella barese, in cui la prassi e le consuetudini sono spesso sorrette dalle deroghe alle leggi ed ai regolamenti, pare difficile a chi scrive poter ristabilire i principi di legalità e civiltà nei loro alvei naturali, se non attraverso un percorso lungo, impegnativo e costante. Un itinerario che parta dai presidi centrali: formazione scolastica, riconquista del senso civico, dialogo con le periferie, riappropriazione della propria vestigia popolare nella sua accezione di studio e rispetto della cultura di questa terra. Una città di mare è vero che tende a sedimentare le proprie identità ma non per questo bisogna barattarle con l’etica della sagra.
Spesso chi amministra la cosa pubblica incorre in questo errore. Prima “certifichiamo” l’attitudine levantina (nella sua accezione negativa) alla pittoresca arte di arrangiarsi, situata ai margini della legalità, e poi cerchiamo di rimuoverla d’emblée. E’ giusto e doveroso rispettare e presidiare la legalità per costruire un presente diverso, però bisogna essere attenti ad immaginare un percorso piuttosto lineare. I recenti accadimenti delle retate contro gli abusivi hanno contenuto un rischio grave, quello di ingenerare una guerriglia urbana che sarebbe potuta costare cara. Probabilmente sarebbe stato opportuno identificare e “censire” gli abusivi per poi perseguirli con forza in un contesto più sicuro.
Non v’è dubbio che la legalità va presidiata e l’opera delle forze dell’ordine e dell’amministrazione è sicuramente volta al raggiungimento del bene comune. Ma lo scarto tra il nostro ora e l’allora risiede nella scelta di non mediare attraverso le scorciatoie della comunicazione eventistica, piuttosto nel cercare un non facile dialogo anche in territori sconnessi come quello della mancanza del lavoro.
Quest’ultimo spesso presidiato dalla malavita che intercetta l’assenza, le crepe dello Stato e le fagocita con la sua subcultura mafiosa. “La pioggia che non è piovuta, tutta in cielo sta”.
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